Il Cuore della Foresta di Haqqad
[racconto completo]
Quando muore un tuo compagno d’armi a bordo dell’Astronave, senti il suo soffio vitale salutarti lungo i ponti degli hangar, i corridoi di collegamento, sino alle gallerie più interne, e sulle cabine di osservazione. Il suo respiro ti chiama lungo i soliti percorsi intrapresi ogni giorno assieme al tuo amico e fratello. Egli non se ne va mai via definitivamente, ma ti rimane sempre qualcosa del suo spirito, accanto. Conoscevo Haqqad da quando eravamo piccolissimi. Abbiamo avuto la stessa scula di guerra, siamo cresciuti nella stessa fattoria siriana, studiato le stesse arti belliche con i medesimi maestri. E ci siamo specializzati nella Scuola in una stessa disciplina: Analisi Comportamento Umano, ACU.
Abbiamo preso i gradi nello stesso periodo, e occupato un ruolo paritario, sebbene Haqqad fosse considerato l’Anziano del servizio. Questo perché la sua saggezza durante le missioni ha spesso condotto con successo operazioni difficili e molto sottili. La sua calma, la sapienza, e l’ispirazione donavano al capitano una grande capacità di risolvere questioni ostili alla nostra specie sulla Terra. E il suo consiglio era spesso ascoltato dal Comandante. Non mi dispiaceva averlo come mio diretto superiore nella Squadra.
La missione stavolta era stata escogitata per ottenere consenso degli umani circa l’utilizzo di certe fonti di energia naturale: i soffioni di vapor acqueo che caratterizzavano la piccola provincia di Hookpeak, una comunità di montagna, vicino ai confini canadesi. Si doveva preparare tutto in modo non violento, perché il Comandante stava conducendo con un certo successo alcune operazioni diplomatiche con il Canada e gli stati USA ai confini. Una volta rese ‘docili’ quelle provincie, sarebbe rimasta dell’ostilità solo negli stati del Sud degli States, come la California, la Florida e il Texas… Ma un problema alla volta, si disse fra noi.
Haqqad venne chiamato a pianificare la missione. E io con lui. Noi lavoriamo prevalentemente sul campo, sicché approntammo una stazione di comando nel piccolo villaggio montano di Hookpeak.
E qui comincia la nostra storia.
Il Paese è immerso in una riserva indiana, uomini dalla pelle di bronzo e dai tratti arcaici vi abitano, parlano una lingua, oltre l’inglese, che è unica nel suo tipo: nessuna grammatica umana le si accosta per familiarità. Non ho mai incontrato mammiferi simili.
– Sono discendenti degli Shawnee… -
Mi disse Haqqad, che invece era piuttosto esperto in questo tipo di esseri umani.
– In verità appartengono ad un ceppo più antico, molto più antico… Tanto che la loro stessa lingua risulta unica. Vengono dal profondo nord, non si può stabilire con precisione il luogo esatto, e soprattutto non si vuole stabilire.-
Le parole di Haqqad mi riportavano alla mente uno dei motivi per cui mi rimane difficile capire i terrestri: la loro contraddizione in termini di ‘pacifismo’.
Ma non potevo chiedere molto su quell’argomento, il nostro compito era troppo delicato e una mia simile curiosità sarebbe stata scambiata per un atto ostile nei confronti degli umani. Però condussi alcune ricerche per mio conto. E mi accorsi che effettivamente quei nativi non erano Shawnee puri ma antichissimi uomini-cacciatori, di una tribù oggi estinta dalle antichissime quanto oscure tradizioni.
- Non indagare troppo, caro Makko, - mi consigliò il mio amico. – Non siamo qui per questi uomini, ricordalo! –
Una volta, passeggiando per il villaggio, mi sentii osservato. Le case, tutte dai tetti spioventi e in fila fra loro, donavano al paese un aspetto davvero ancestrale. Giunsi davanti a una chiesa cattolica. Recava ancora la vecchia scritta: ‘Missione Cristiana dell’Ordine dei Padri Cristoforiani’. Da sempre sono tentato nell’oltrepassare l’uscio del sagrato di una chiesa cristiana, ma mi è impedito. In quanto ‘rettile’ non ho un buon rapporto con i sacerdoti di questo culto. Per motivi diplomatici evitiamo quindi di superare quell’ingresso. Ma stavolta non ebbi il coraggio di resistere al mio istinto, ed entrai. La chiesa era molto bella e austera. Il grande Crocifisso ligneo troneggiava oltre l’abside e sembrava mettermi in guardia dal compiere un altro passo in avanti. Cercai di evitare quel monito e mi inoltrai nella navata. La suggestione forse di tutte le storie che avevo udito sul rapporto Uomo Cristiano- Rettile, mi mise un’ansia crescente, ma continuai nella mia esplorazione. Certo che se uno di loro mi avesse scorto, non ne sarei uscito integro! Una cosa mi colpì moltissimo in quell’edificio: le pitture. Tutte riguardavano una specie di ‘guerra’ contro un essere evidentemente rettiliano, forse un drago, e le popolazioni che lo combattevano avevano dei tratti somatici un po’ diversi dagli abitanti del paese. Capivo perché nessuno ci vuole nelle chiese cristiane, ma non pensavo che l’odio nei confronti della mia classe vivente potesse essere così concepito!
E’ anche vero che non sempre è così.
“Dagli Inferi t’invoco, mio Signore…”, lessi scritto sull’architrave dell’abside.
Inferi? Ma l’inferno non è la dannazione eterna nella religione dei cristiani occidentali? Gli umani sono fatti in questo modo: hanno i loro schemi, il loro mondo, le loro ferree leggi, ma in ogni comunità alberga un microcosmo, un substrato ‘altro’ dal mondo in superficie, conosciuto. In ogni umano c’è una specie di ‘diario segreto’ che lo separa dal resto della sua specie.
Ero talmente assorto nelle mie speculazioni sugli umani che non mi accorsi di una grave presenza dietro di me. Mi voltai e mi accorsi sobbalzando della figura cupa e poco ospitale del ‘temporaneo padrone di casa’. Il prete era vestito di nero, quindi intuì si trattasse di un Cattolico. – Mi dispiace…io, io non volevo essere invadente…ma questa Chiesa è davvero bella…- Dissi, sperando di non suscitare problemi ‘diplomatici’, perché altrimenti Haqqad mi avrebbe ucciso, dopo tutta la fatica per ingraziarci gli abitanti della comunità! Il prete sospirò, quasi con senso di superiorità, quindi si degnò di rispondermi:
- Sì, in effetti è un bell’edificio, l’hanno eretta nel mille e settecento, e tutti gli intarsi che l’adornano risalgono a quell’epoca. –
Nelle sue parole si poteva percepire la domanda: “Che diavolo ci fai, dannato rettile, nella mia Chiesa?”, istintivamente risposi a quell’inespresso interrogativo:
- Sono entrato solo per ammirare questi legni e queste opere alle pareti…Esco subito.-
Il sacerdote mi fermò mentre stavo tirando la porta. Mi voltai, incuriosito.
– Signor… - mi fece e io a lui:
- Mi chiamo Mak. –
e l’umano: - Bene signor Mak, non abbia fretta nell’andarsene. Io sono Padre Harmon, e forse non è una coincidenza che l’abbia trovata nella mia Chiesa. –
Rientrai nell’edificio, disorientato.
Lui continuò: - Lei è il ‘collega’ dell’Alieno Haqqad, non è così? -
- Il Capitano Haqqad è il mio diretto superiore, in effetti. –
Il Sacerdote mi invitò ad accomodarmi su una delle panche, cosa che mi lasciò perplesso.
Mi sedei.
– Sa che questa Casa di Dio è stata eretta a memoria di un’epica battaglia divina? –
mi fece. – Il Drago venne ucciso da San Giorgio, mentre sembrava che tutto fosse perduto per la gente del villaggio assediata dalla bestia. Iddio lo mandò per liberare gli uomini dalla presenza del mostro, sicché questi furono liberati dal male… e voltarono finalmente i loro cuori a Cristo… -
Mi insospettì, ma sperai che continuasse quello strano racconto. L’umano invece si fermò, levò i suoi occhi grigi, dai tipici riflessi di vetro, verso la volta dell’abside.
-…Dovunque l’uomo abbia raggiunto l’abisso della sofferenza invoca il Padre, perché invii nuovi emissari di Luce… -
Riprese.
– Non capisco cosa mi sta raccontando, soprattutto perché me lo sta raccontando, signore…- feci. L’uomo mi fissò, poi replicando, disse:
- Attento, perché questa comunità ha in cuore lo Spirito dell’Impresa di San Giorgio… E molti sono i Cavalieri dell’Ordine che vedono i Draghi assediare ancora una volta la Comunità Umana. Haqqad è stato una volta un mio amico, mi ha aiutato in certe ricerche. Ma ora non posso indulgere sulle mie posizioni. Sono il Cappellano Militare dell’Ordine, e non accoglierò ancora i Draghi. Volevo che Haqqad sapesse questo. Non ci saranno scontri se il Drago lascerà spontaneamente questo paese. San Giorgio non brandisce inutilmente la sua spada… -
Rimasi atterrito. – Padre Harmon… sta minacciando me e i miei fratelli?- chiesi, impietrito da un’orrenda emozione.
L’Uomo mi guardò, sorrise in modo superficiale e rispose:
- Non è assolutamente una minaccia, questa. La prenda per una certezza, invece. Dica al suo Capitano che presto potrebbe esserci un terribile scontro… Ed è assolutamente inutile che mi uccidiate, ragazzi. Non sono che il messaggero dell’Ordine, gli eventi accadranno anche senza di me. –
Mi alzai in piedi e uscii dalla Chiesa. Se guai diplomatici perturbavano l’orizzonte della Missione, non sarebbero certo stati opera della mia incursione in quell’edificio!
Mi recai al campo base, cercando Haqqad.
Una giovane ricercatrice mi disse che lo aveva visto incamminarsi lungo il sentiero del bosco che porta alla Riserva dei Nativi. Con un macigno opprimente sullo stomaco, mi incamminai di corsa anch’io lungo quel tragitto, tanto stretto da potersi percorrere a stento.
Corsi, a dire il vero, sino a raggiungere il cuore della Riserva Indiana.
Mi mossi fra le tipiche tende preistoriche erette a ricordo di un mondo ormai scomparso, cercando il mio Capitano Anziano.
Un enorme Uomo dalla pelle di bronzo arrestò d’improvviso la mia ricerca.
I capelli raccolti in trecce grosse come rami di albero, adornati con penne di falco, mi diedero l’impressione di avere davanti un guerriero ancestrale, e mi soffermai gonfio di uno strano senso di rispetto. Gli chiesi quasi costernato, informazioni su Haqqad. Ma lui non ebbe il minimo fremito di emozione. Cominciai a sentire in me strani presentimenti. L’Uomo notò il mio malessere.
– Sai perché ti ha portato sino qui? – mi disse.
Ebbi uno scatto: ero diventato nervoso, triste, troppo irrequieto per riflettere. Lui non diede retta alle mie emozioni e continuò:
- Devi imparare una cosa, ascoltami. Haqqad ci conosceva già tutti in questo villaggio. Noi siamo Hoorweek: antiche famiglie di cacciatori provenienti dai gelidi deserti del lontano Nord - Est. Siamo gli Sciamani che hanno percepito per primi la Mente di Sirio… Haqqad è andato molto oltre le normali vie sciamaniche e ora non lo cercare, ormai non potresti più trovarlo… Lui non può più combattere la guerra che altri preparano contro suo padre il Drago. Ma tu invece sei forte. Lui ti ha addestrato a seguire le vie della Casa Ancestrale. Ora sii coraggioso. Non ti ha lasciato solo. Ma sa che il Drago combatterà molto e dovrà sacrificarsi per lasciare a compimento l’opera del vostro Re. Solo così sazi di sangue gli altri uomini potranno sedersi con te, e trattare. Haqqad ti ha sempre voluto bene. Ma ora non lo cercare…-
Rimasi talmente disorientato che la collera e la tristezza montarono assieme in un turbine di sensazioni oscure.
Dov’era Haqqad? Che gli avevano fatto? Perché i Nativi presero una simile posizione rispetto ai loro simili del Paese? Che volevano da noi?
Scansai l’Uomo con un fremito rabbioso, ero atterrito dal presentimento che qualcosa di orribile fosse accaduto al mio amico. Lontano, guardando verso un recinto notai un movimento di umani. Mi accostai, accompagnato dalla mia orrenda sensazione. Mi gettai oltre lo steccato e raggiunsi il cuore di quel brulichio umano. Lanciai un grido disperato. Haqqad era riverso per terra. Una ferita devastante gli aveva aperto letteralmente il petto. Il suolo era intriso del suo sangue. Nella mano destra impugnava una spada pesante, la riconobbi era Shallenn, la sua spada, la lama della sua Tribù.
Possibile? Guardai attorno: un uomo, vestito con una tunica bianca invece brandiva un’altra lama.
– Sei stato tu… - ringhiai.
Tutto però mi faceva pensare a un duello.
In quel caso nessuno era colpevole. Haqqad era morto nell’Onore. Ma come potevo esserne certo? Non potevo prendere l’Arma del mio Amico, anche se mi aveva sempre promesso che se fosse morto prima di me, Shallenn sarebbe stata mia, ora non era pronta per vendicare il suo padrone.
L’avrei dovuta ricondurre dal Capo Stirpe della Tribù, per passarla nelle mie mani. Però in quell’attimo venni catturato in un sogno vivido e reale: Haqqad era in piedi davanti a me e senza traccia di quell’orrenda ferita. Si era sacrificato perché io conducessi a buon esito quella Missione? E perché?
– Ora i Cavalieri sono sazi del sangue del Drago: il mio tempo è concluso nel mondo. Tu sei colui che porterà a termine la Missione e avrà l’Onore dell’Insegna Reale…Il mio dovere era un altro… -
Quelle parole mi scossero nelle profondità dell’animo. Haqqad era davvero un grande saggio. E forse tutto quello che ha compiuto, era destinato a essere storia di un altro mondo, né di Sirio, né della Terra.
Ora io sono Comandante di un’Astronave, nonostante non venga dalla Scuola Militare, la Missione ha avuto un ottimo esito e le conseguenze sono state un rinforzo delle nostre linee d’avanzata… ma perché accadde tutto questo? Ancora mi sfugge il senso del disegno di Haqqad e dei suoi amici sciamani. So che vogliono altro che non sia la Guerra fra Terra e Sirio. Ma hanno lavorato perché le nostre truppe si potenziassero… Perché? A quale scopo? Io non smetto mai di pormi queste domande, mentre pianifico altre missioni, scrivo rapporti per il nostro Sovrano, interrogo i combattenti Umani. Continuo in questa Guerra a chiedermi il perché del sacrificio del Drago… di Haqqad.
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