INTRODUZIONE

Lacerta2: La storia della guerra...

martedì 16 giugno 2009

NYPOQYAS

Nypoqyas

U
n innaturale quanto oscuro senso di stanchezza morde ogni muscolo del corpo, avvillupando le emozioni in un limbo interiore di colpa: è la scia spettrale lasciata dall’incontro con i Nypoqyas.
Creature che gremiscono gli abissi di questo mondo, concepite dagli umani per custodire i loro più remoti saperi e i loro enigmi senza tempo.
Ombre che provengono da gelide steppe nel cuore sterminato del pianeta Terra, esseri del tutto sconosciuti prima.
Io sono Geiko, all’epoca di quanto sto narrando, ero solo un guerriero siriano bambino, e il mio nome era ancora Kelleb.

Dei Nypoqyas non avevo alcuna nozione, nessuno fra gli adulti e gli educatori del mio Clan e nella Caserma mi raccontò su questi esseri.
Per quanto riguarda gli abitanti della Terra, gli umani, non ebbi modo, prima di allora, di allontanarmi dalla Caserma e il mio Clan non ebbe alleati di questa specie.
Per me e i miei coetanei, i terrestri erano solo i nemici da combattere in un mondo da conquistare.

E il mondo da conquistare era quel ‘tutto’ che circondava le mura di cinta della caserma.
Le terre a noi assolutamente proibite, sogno spasmodico dei nostri giochi, e meta irresistibile della nostra infantile curiosità.
Le sentinelle ci controllavano con premura, specie nei giorni in cui i nostri soldati avanzavano in campo nemico per azioni di guerra.
Allora, infatti, era altissimo il rischio di attacchi umani alle nostre caserme. Così, chiusi in quelle mura, ci sentivamo un prigionieri di due mondi in guerra. I nostri respiri di libertà arrivavano oltre le barriere imposte dalle sentinelle, volevamo vedere, capire…

Perché ci proibivano di guardare quel mondo oltre il muro? Cosa c’era di tanto malefico e malsano da metterci in pericolo? La guerra… sì, è vero, infuriava.
Gli umani ci avrebbero forse ammazzati senza pietà. Ma questo non frenava il nostro desiderio di scavalcare quel muro.

Io sono nato assieme ad altri Lacerta in Caserma, nello stesso momento, e nella medesima incubatrice, poiché le nostre madri, essendo gravemente colpite dalla guerra contro gli umani e indebolite, non avevano la forza necessaria per portare avanti l’incubazione naturale.

Eravamo sempre in quattro, noi, con Qhemm, Shanymm, Domep, alcuni ci chiamavano ‘I Quattro di Marte’ perché alla nostra schiusa Marte era ben visibile a occhio nudo nel cielo terrestre.
Evento rarissimo.
Un giorno però l’occasione accadde.
Il Muro rimase sguarnito per un pochi secondi.
Tanto bastò per porre in essere la nostra avventura. Domep guidò la sortita. Scavalcammo subito la cinta, e ci trovammo in un canalone secco, che pareva inoltrarsi verso una città.
Shannymm, la femmina, ebbe un po’ di paura all’inizio, quel panorama tanto vasto la intimorì, ma poi si fece coraggio e riprese a camminare.
- Ma è vero che gli umani sono alti tre metri? – fece Qhemm.
- Non dire sciocchezze! – risposi, come un vero studioso di antropologia. – Gli umani sono alti più o meno come noi siriani, ma hanno i peli sulla testa, perché sono mammiferi!
- Mammiferi?? Non ne ho mai visti, i topi sono mammiferi…Ma quelli li mangiamo, mica ci fanno la guerra! – replicò Shannym.
- Anche gli umani sono mammiferi… - troncò la discussione Domep.
- I mammiferi sono la specie dominante sulla Terra. – concluse. – Ora zitti, altrimenti le sentinelle ci scoprono!

Ci incamminammo lungo il sentiero che pareva allungarsi in modo infinito verso il villaggio umano.
Le ombre di un tramonto inconsueto, non filtrato dai drappi rossi dei nostri soldati, ci accoglieva nel suo smisurato orgoglio di libertà.

Sapevamo del pericolo rappresentato dagli umani, ma questo, anziché farci desistere, ci sosteneva, facendoci somigliare ad antichi eroi siriani, partiti un giorno attraverso il gelido cosmo, per salvare il proprio popolo, e giunti sino al confine dei raggi stellari noti.
Questo volevamo vivere forse: un’avventura epica, una sorta di viaggio iniziatico attraverso quel mondo proibito.

Il sentiero ci portò lungo una fitta foresta, abbandonato il canalone di cemento fummo infatti introdotti in un bosco oscuro e intricato.
- Diavoli! – fece Domep. – Non avevo mai visto tanta vegetazione!
- Sembra di essere nel Libro della Giungla!! – aggiunsi.
- Non mi sorprenderei di incontrare Baghera…- replicò Shannym.
- Vi ricordate Jumanji? – .
- Il film con Robin Williams? Sì, lo ricordo bene, Qhemm – risposi.
- Ricordi anche quello strano suono di tamburi vero?
- I tamburi, sì, come no! – rise Shannym.
- Allora non vi sembrano simili questi rumori?- continuò Qhemm
- Che cosa dici? Di quali rumori parli? – feci.
- Ascoltate! Possibile che non sentite?
- Silenzio! – comandò Domep.
In lontananza cominciammo a percepire rumori sotterranei, oscuri.

Sembravano effettivamente dei battiti ritmati nel profondo di qualche antro ipogeo.
- Lì, li sento venire da lì! –
Qhemm indicò un luogo oltre quell’intrico di arbusti e piante.
Tendemmo tutti i nostri sensi per captare quelle vibrazioni.
I nostri volti erano scossi da fremiti oscuri, di tonalità bassissime, che ci entravano nella mente attraverso i loro movimenti nell’aria.
Ma decifrarli ci era davvero impossibile.
Non somigliavano a voci umane, né ad altri versi di animali terrestri. Domep alzò il mento, per saggiare ancora più sottilmente l’aria, alla ricerca di vibrazioni ‘calde’ tipiche dei mammiferi.
Ma nulla. Silenzio.
Ancora soli con quel ritmo profondo.
Spesso durante la notte uscivamo nel parco della Caserma, per andarcene a caccia, erano battute infantili, quasi senza neppure lo scopo della caccia.

Ci piaceva pianificare la battuta, come un gioco da tavola: disegnavamo il giardino e poi cercavamo di mettere in pratica quanto ci eravamo prefissati.

Le nostre prede variavano dai ratti del magazzino, sino a qualche coniglio selvatico del campo, o un gatto, mai animali più grossi.
Le nostre mani erano ancora poco robuste e non avrebbero di certo potuto trattenere un umano!
Ora però avevamo paura che la nostra caccia di avventure ci avesse portati davanti a una preda troppo grande.
Ma con l’incoscienza di un’infanzia trascorsa nel mezzo di una guerra troppo orribile, decidemmo di raggiungere l’origine di quei cupi battiti.
Aprimmo tutti i nostri sensi alla percezione dell’aria. E seguendone ogni mutamento e ogni vibrazione, finalmente raggiungemmo un luogo in cui quel sinistro suono sembrava percuoterci più intensamente.
- Una grotta! – feci, entusiasta.
- Bella! Guardate come scende in profondità! – fece Qhemm.
- Chissà quant’è profonda, effettivamente…- si chiese Shannym.
- Buttiamoci un sasso e ascoltiamo il tonfo. – suggerì Domep.

Così facemmo. Gettammo in quell’abisso una pietra piuttosto pesante. Dopo alcuni secondi sentimmo un tonfo nell’acqua.
- Acqua? C’è un lago sotto? –
Ero eccitatissimo, come può esserlo un bambino guardando l’ignoto davanti a se, sotto forma di una profonda gola nelle viscere della terra.
- Però è troppo alto, non possiamo calarci così! – feci.
Sentimmo gridare Qhemm dietro.
Ci voltammo: - Guardate, c’è un altro ingresso. Stavolta sembra percorribile…

In effetti vi era un’altra apertura nella roccia, più orizzontale, e praticabile per dei corpi alti neppure un metro e mezzo.
Ovviamente ci infilammo dentro. Il buio si rifletteva nei nostri occhi, e assieme ai mulinelli elettromagnetici della roccia ci regalava un panorama incredibile e meraviglioso. C’era un mondo dentro il mondo che andavamo a scoprire quella notte…

Le vibrazioni ora erano purissime e si poteva percepire un chiarore irreale nella nostra mente, i piccoli corpi dei pipistrelli erano perfettamente riconoscibili nel loro infimo pulsare.
Ci trovavamo in un altro mondo, con sensazioni e percezioni mai provate prima.
Anche fra noi era facilissimo connetterci attraverso quelle vie così perfette di magneti e elettricità sotterranee. Tanto che smettemmo per molto tempo di usare la voce per comunicarci ogni cosa.

C’erano dei piccoli animaletti bianchi simili a salamandre in quei laghi cristallini. Ne facemmo una scorpacciata: avevano un sapore misto di mare, roccia e funghi. L’acqua non era assolutamente fredda. Forse una corrente sotterranea di gas la scaldava… Nuotammo. Cacciare in acqua era una delle attività più intensamente desiderate da noi, ma non potevamo quasi mai esaudirla.

Le sentinelle non ci portavano spesso al lago del parco: troppo lontano dalla Caserma, un luogo poco riparato e insicuro.
Finalmente potemmo scaricare la voglia di spingere l’acqua con i nostri platagi interstiziali delle dita, questo ci faceva sembrare di essere ancora quei grandi signori del mondo che un tempo dominavano sulla Terra e su Sirio.
I Draghi.
Ma poi il suono riprese.
E fu molto più intenso.
Qhemm balzò fuori dall’acqua.
- Sentite? –
Tutti avevamo ora percepito la ripresa di quel tetro battito.
Eravamo spasmodicamente attratti da quel suono. E ci inoltrammo ancora oltre nella grotta.

Finalmente dopo un bel pezzo di cammino, quasi strisciando, giungemmo in una sala enorme, dalla volta di roccia perfettamente liscia. Non sembrava qualcosa di naturale…

Lì il battito divenne quasi una musica complessa, una melodia lontana, irriproducibile…
C’era qualcosa disegnato sulle pareti di quell’enigmatico luogo sotterraneo.
Sembrava a prima vista una cartina geografica, schizzata di fretta, in modo piuttosto infantile, come quelle mappe che vendono assieme a certi romanzi fantasy. Era un pittura enorme… impressionante.

Adornava tutta la sala, avvolgendo l’intera realtà di quel posto.
Poi riuscimmo a leggere delle scritte. La cosa più strana era che le leggemmo in Siriano, nella lingua del nostro mondo natale:

<>

Poi di lontano, muovendosi come un gatto di notte, notiamo un’ombra.
Una figura antropomorfa, alta, sinuosa, che si staccava quasi dalla tenebra prendendo vita.
Ci venne incontro. Ora era davanti a noi.
Notammo perfettamente il viso adunco, dai lineamenti ossuti e triangolare.
La pelle diafana, tanto da sembrare trasparente faceva notare l’architettura del tessuto venoso.

Indossava una strana veste lunga, dorata, leggera come la carta velina.
Fu Domep che parlò per primo fra noi:
- Noi siamo soldati di Sua Maestà. Voi, signore, chi siete?
La figura era più vicina agli umani che a un siriano, la pelle liscia e morbida, senza squame, faceva pensare che fosse uno strano tipo di mammifero.
- Bene, soldati…bene. Sapete che questo posto è proibito? – disse con una voce
simile a un lamento tremendo.
- Oltre non potete andare, questo è il regno dei maghi che non sono ancora morti, e i maghi lo sorvegliano. – continuò.
- I Maghi? Siete un Mago, signore? – dissi, con lo stupore di un bambino colto di sorpresa da un mago.

- Sì, mio caro soldatino reale… E noi maghi non amiamo gli ospiti. Specie se questi non sono stati invitati. –
- Che ci volete fare, adesso? Voi siete solo uno, noi quattro e per di più siamo combattenti siriani! – fece Domep con orgoglio sfrenato, e un’incoscienza infantile altrettanto ambiziosa.
- Uh… combattenti siriani… sì, immagino, moolto feroci…davvero.
Tutt’attorno l’ombra delle tenebre prese ad animarsi e altri figure simili si staccarono dal buio.
In poco tempo ci trovammo circondati da quelle evanescenti creature.
- Noi siamo il popolo dei Nypoqyas, custodi e osservatori del tempo che scorre in questo mondo… Non aspettavamo ‘soldati’ siriani. Voi avete varcato i nostri confini interdetti dell’abisso temporale.
Se vi abbiamo offesi, chiediamo scusa, e se non vi stanno bene le nostre scuse, dovrete vedervela con me. – fece Domep assumendo un’aria da Grande Condottiero.

- Oh, no, non vogliamo combattervi, ‘signori’… al contrario. Vi faremo un regalo.
Ora uscirete dal nostro regno portando con voi qualcosa che ci appartiene. Dovrete consegnarlo a chi comanda dei vostri ‘veri’ soldati.
Presto noi sapremo se siete stati in grado di portare a termine il vostro compito oppure ve la siete svignata, in preda alla paura della punizione, dopo una così grave bravata…
- Svignarcela?? Ma per chi ci ha presi??? – mi alterai. – Dateci quello che ci dovete dare, e noi riferiremo al nostro Comando! – feci, con il piglio di un vero ufficiale.

Il Nypoq ci tese una specie di quaderno sottile, dai fogli di una sottigliezza incredibile, e fatti con una carta mai vista prima: morbida come pelle, e sottilissima.

Tornammo indietro. In realtà la nostra paura che il Comandante ci potesse punire severamente per la nostra ‘evasione’ aleggiava feroce, ma avevamo dato la nostra parola di Soldati di Sua Maestà, e non potevamo disattenderla.

Era una questione di Onore, come si fa tra i guerrieri adulti.
Infatti il Comandante si adirò moltissimo, ci rinchiuse per tre giorni nella nostra camera comune, e non ci fece toccare bibite dolci né altre squisitezze, solo lombrichi viscidi e amari da trangugiare.
Però poi tornò sulle sue decisione.
Entrò con noi nella stanzetta e assieme a noi si sedette sull’unico grande letto.
Aveva un’aria rattristata, pesante, ci carezzò la nuca uno ad uno.
Poi parlò: - Di certo ne avrete avuta molta di paura…ma siete stati capaci di affrontare un simile pericolo a testa alta…bravi. - - Siamo soldati! – fece Domep- Il Comandante sorrise.
Mio Signore, ma cos’era quella cosa che ti abbiamo consegnato? – chiesi, curioso. Lui mi guardò e sospirando disse:

- E’ meglio che queste cose i bambini non debbano venire a saperle. Ma ormai vi ci siete trovati in mezzo, piccoli. Ci sono luoghi nell’Universo che i vermi scavano nei secoli più oscuri, tunnel che collegano mondi ed epoche lontane, che non andrebbero mai rivelati. Questi cunicoli è meglio per tutti che non vengano mai in superficie. E che siano per sempre sepolti nella dimenticanza.
- Quel quaderno…era strano! – fece Shannym.
- Sì. Sono morti degli umani per quel quaderno, infatti. Ma è una cosa troppo brutta per spiegarla adesso. Ora siete liberi dalla mia inutile e stupida punizione. La vostra condanna è già stata scritta…mi dispiace, ragazzi.

Anni dopo capimmo. I Nypoqyas sono come infezioni virulente.
Devastano la memoria di chi li incontra.
Il nostro dolore era ormai diventata una costante.
In quel quaderno, dalle pagine in pelle umana, era vergato l’anatema di potenti stregoni, contro le truppe Siriane e coloro che avrebbero tentato di accedere alle caverne interdette.
Noi quattro ricordavamo atroci morti, guerre perse in un tempo arcaico, abominevoli abissi, e mostruosi monarchi… perché? Ancora oggi me lo chiedo.

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Cos'è STAIGHAI...?

Uno Staigh è un clan di esseri alieni che vive nell'illegalità delle tenebre, nel sottosuolo delle grandi città umane terrestri. Vive e muore secondo un oscuro sistema di leggi e riti noti solo a loro, ma pericolosi tanto da mettere in discussione l'Ordime Mondiale o Nuovo Ordine del Mondo degli umani. Poichè l'Ordine Mondialeè sorto sulle basi di uno scellerato patto umano - alieno, questi clandestini si trovano a vivere contro ogni codice, sia sulla terra quanto sul loro pianeta. Un tempo vennero sul mondo umano per combattere e conpuistare il pianeta, poi avvenne il patto e loro si ritrovarono come una 'zavorra' scomoda per i loro stessi capi. Cacciati dal loro mondo perchè reduci pericolosi, interrati dalla memoria umana come criminali di guerra, ora i generali alieni si sono strutturati dei loro regni sotterranei, chiamati gli Staigh, o Staighài nella lingua degli alieni guerrieri, pronti a combattere e a difendere sino all'ultimo soldato la loro nuova e misteriosa esistenza, contro un sistema nato non col combattimento, ma dall'inganno...

Ci sono più cose fra il Cielo e la Terra....

Mozart, Wolfgang Amadeus - Requiem in D minor K 626 - Sequentia. Dies
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...Il Diario di Anhyan, e la vita di un equipaggio alieno a bordo di un'Astronave mentre percorre il suo lungo viaggio, verrà pubblicato settimanalmente sul blog....
.....seguiteci nell'abisso delle infinità cosmiche....

...Orazio, di quanto ne sogni la tua filosofia

21. Pilgrims Chorus from Tannhauser (Wagner)
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Bach, Johann Sebastian - Agnus Dei
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LA TRIBU'

Secondo fonti sirianidi, l'organizzazione sociale nella protostoria dei Lacerta, vedeva una compagine simile a quanto si descrive nell'articolo che segue.

E’ la base dell’organizzazione sociale. Questo genere di struttura era preesistente all’avvento del potere di Araman, sia pure con modi, governi e persone molto differenti, la Tribù regolava sia la vita della casata di Shuoon, sia quella della casata di Araman.
Anticamente le Tribù seguivano una sorta di classificazione in base ai loro capi. Vi erano Tribù Sciamaniche, Tribù Guerriere, Tribù Venatorie, Tribù Agricole.
Queste ultime erano tipicamente associate a Shuoon, essendone il nucleo familiare primigenio. Non sussistevano difatti simili famiglie all’interno della Casa di Araman.

Le Tribù Agricole servivano la causa di sfamare il fabbisogno mondiale di cereali e vegetali, in mancanza della carne disponibile per tutti.
Successivamente con la presa del potere totale del Sovrano Intertribale, tali famiglie vennero relegate ai bassi ranghi della piramide politica e tanto che nelle Unioni Tribali i loro capi non hanno potere decisionale.

Il loro è quindi ad oggi un sistema tribale a Stato Passivo. I nobili non hanno cariche pubbliche né rivestono alcuna autorità religiosa. E i magazzini sono gestiti da elementi esterni alle famiglie.
Oggi il sistema della Tribù è rigidamente schematizzato, e non è suscettibile di ammodernamenti. Una Tribù è costituita da almeno venti Famiglie o Gente: I Potentati. Una Famiglia è a sua volta formata da un numero non determinabile di Clan. Se i Clan sono molto numerosi, almeno più di un centinaio, la Famiglia si chiama Gente.

LA NOBILTA' TRIBALE RETTILIANA

LA NOBILTA’ TRIBALE RETTILIANA secondo la classificazione dell'Era del Disarmo: le fonti sulla struttura sociale dei Lacerta note, provengono quasi esclusivamente dalla sezione archivistica Sirianide. Non è quindi certo come vensse intesa la vita sociale nei Lacerta prima dell'avvento Sirianide nel suo mondo.

Come si suddividono le gerarchie e i ruoli all’interno della società tribale rettiliana? Abbiamo potuto osservare la compagine generale della società di Lacerta L., ma adesso ci addentriamo nei ruoli veri e propri e nella nobiltà diretta ( sangue) e indiretta ( merito) delle cariche al vertice di una Tribù.

Prendiamo per ora le Tribù Reali.

A capo della Tribù Reale vi è un Patriarca \ Rettore, che possiede un titolo diretto ( di sangue) e quindi può essere un Patriarca di Granducato o di Priorato.
Le massime cariche di cui può essere investito un Patriarca sono infatti il titoli di GRANDUCA o di PRIORE.
Il Granduca proviene dalla casta guerriera, come il Duca, si dice infatti che siano nobili ‘Capi d’Arme’, ovvero la loro regalità discende direttamente dalla Casa Reale, nella guerra primigenia contro i Potechi.
Il Priore è al di sopra del Granduca come pregio di titolo, si avvale del titolo un po’ desueto, di Priorduca.
Il Ducato Reale è la terra occupata dalla Tribù di un Granduca o di un Priore. E’ il massimo appellativo per indicare il grado al vertice della gerarchia familiare delle Lacerta L., oltre il Ducato Reale, vi è la Casa Reale, ovvero il Regno.

Il Granduca può gestire un Granducato e un Priore un Priorato, si sale al Ducato reale, quando subentra un evento tale da far sì che il Re crei dal precedente lignaggio il grado ulteriore. Sono rarissimi i casi di creazione di Ducati Reali, attualmente abbiamo due soli Ducati Reali esistenti.

In una Tribù invece si hanno le cariche appena al di sotto del Granduca, in ordine di importanza elenchiamo le classi:

Duca
Conte
Proconsole
Libero \ Console.

Il Duca abbiamo detto è un Patriarca proveniente direttamente dalla casta guerriera. In pratica è un parente del Re, se osserviamo la sua genealogia, anche alla lontana troviamo origini comuni al sovrano.

Il Conte invece è un Patriarca della casta dei filosofi, non guerriera, probabilmente proveniente dalle Famiglie dei Filosofi Shuoniani dei deserti, il quale per merito si è conquistato la fiducia del Re. Un Conte e il suo Contado quindi spesso sono abitati da rettili non Amriani, non discendenti quindi direttamente dalla Casa Reale. I quali, però, hanno giurato lealtà al Sire. Duchi e Conti non sempre hanno stanno in un rapporto di rispettiva superiorità e inferiorità.
Ci sono casi in cui un Patriarca Conte sostenendo economicamente gli sforzi militari del Re, alla vittoria del Sovrano, riceva da questi il premio di essere Conte-Primo, ovvero è concesso, sia pure non per sangue, al Patriarca di porsi su piano superiore di Regalità ( ma non di Genealogia). Se il tempo passa, e all’interno della sua Tribù si intrecciano matrimoni mirati, il Contado può prendere la Regalità Ducale ( sempre per via materna) e passare al grado di Ducato. Il Conte diviene Duca anzi Arciduca, perché si suppone che provenga dal titolo di Conte-Primo.

E’ normale che un Arciduca sia sovente un Guerriero ‘acquisito’ alla casta, perché proviene dalla cessione di regalità del matrimonio.

Il Proconsole è un Patriarca proveniente dalla casta Guerriera come da quella Filosofica. Per meriti o per sangue domina una Tribù.

Il Libero è una figura inconcepibile per gli esseri umani. Infatti egli era dapprima solo un Suddito, Servitore di sua Maestà come ufficiale militare che ha ottenuto grandi successi, e quindi si è ‘liberato’ della sua condizione ‘borghese’ o addirittura della sua inferiorità plebea, ed è entrato a tutti gli effetti nella Genealogia Reale ( dapprima, come tutti i siriani, era nella Genealogia Tribale). Però non può sperare di essere inserito nei Matrimoni Reali e quindi di contribuire al sangue della Casa Reale.
Un Console è un rampollo della casta guerriera. Spesso ha ottenuto invidiabili successi militari, ha studiato come Ufficiale e ha fatto una lampante carriera. La sua linea di sangue è già nella Genealogia Reale, sin da quando è nata, appartenendo di fatto alla casta dominante, ma ancora non può effettuare Matrimoni Reali.



Introduzione alla Cronache delle Missioni

Introduzione a
“Le Cronache”



I
ritmi della gente a bordo di un’Astronave immersa nella spazio remoto, seguono un tempo diverso dal resto delle anime che affollano l’Universo conosciuto.
L’Astronave con la sua maestosa imponenza è un mondo in se, chiuso all’esterno freddo e pericoloso del cosmo.
All’interno della sua Carlinga bianco argentata vivono e nascono e muoiono persone che per tutta la loro esistenza navigano zone e spazi senza confini.
Non è facile andare a indagare la coscienza di questi esseri, il loro carattere ci sfugge il più delle volte, e la loro insita violenza nell’affrontare l’unica natura a loro conosciuta, quella siderale, ci fa riflettere sulla possibilità di essere loro amici.
I ritmi che scandiscono la vita di esseri all’interno di un’Astronave sono custoditi nei loro stessi racconti.
Sono i Racconti, chiamati Le Cronache, l’essenza di questo strano popolo di Rettili, viventi in una specie di corte chiusa, in un eterno inverno, chiusi dalle imponenti lamiere, protetti dall’esterno oscuro e gelido.
E il tempo scorre in questi racconti. Spesso animati da una tecnologia olografica di una limpidezza incredibile, spesso vissuti da chi li narra e li ascolta come in un Gioco di Ruolo. Non sappiamo molto su come si trasmettono le Cronache, forse appunto, vivendole in una realtà alternativa, virtuale, oppure in un gioco della Memoria collettiva di questo popolo.
Non sappiamo molto, ma quanto conosciamo sono queste pagine che fra non molto leggerete. Vi prego, pensate a coloro che l’hanno scritte, i sacrifici di un’esistenza così fredda, remota, impenetrabile…


LA ROSA DEI VENTI [i mondi paralleli di Staighài]

LA ROSA DEI VENTI [i mondi paralleli di Staighài]
racconto online grautito a puntate: vedi qui l'evolversi dell'avventura

Iside....

Verdi, Giuseppe - Gloria all'Egitto
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Poema

DE BELLO HOC NOSTRO
Libro I

I Fantasmi di Aiarha

Nascosta nei libri della storia
La primavera avanzava
Il mondo guardava sull’orlo
Della fine il deserto
Che scompariva mentre
Molti salutavano all’ultimo giorno
Le stanche file disserrate che scomposte
Risalivano le montagne.

continua qui
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7919522&a=2#last

Uomo Rettile


il mito dell’Uomo Rettile .
L’UOMO-RETTILE
NELL’ORRORE DEL MILLENNIO


Caro Amico Umano e Non,


‘Quando un viaggiatore, nel Massachuttes del centro nord, prende la strada sbagliata al bivio del Picco di Aylesbury, subito dopo Dean’sCorner, entra in un territorio solitatio e curioso’…

Siamo sulla Terra, e in il nostro narratore e un uomo dallo sguardo spento e dall’umore torbido come le acque di una palude, si chiama HP Lovercraft, e racconta questa storia nel 1928.
Ricordate la crescita straordinaria di Elisabeth in V-visitors?
Ci sono tracce di una simile evoluzione proprio in questo racconto: - ‘…La crescita di Wilbur era davvero fenomenale perché nel girodi tre mesi, aveva raggiunto una taglia che di solito non si trovavano nei bambini della sua età..’

Ora, l’Orrore di Dunwich narra di un paese scivolato fra i gorghi di un’oscura maledizione, i suoi onesti cittadini erano dediti ad un culto maledetto. E potenze sinistre, sconosciute, provenienti da un tempo e uno spazio celato nell’inferno, giorno dopo giorno si mescolarono agli abitanti, incrociandosi in oscene e deformi creature. Creature che vennero subito elevate a semidei.
Perché iniziare con un simile racconto?

Vi è uno dei miti più antichi dell’umanità: l’uomo – rettile. l’uomo – drago è un mito antico, che sorge alle origini della storia umana.
Non è un caso che HP Lovercraft prese come ispirazione il mondo mitico dei Sumeri, e non è un caso che prenderemo a osservare certi spunti nei suoi racconti. Nell’ ‘Orrore di Dunwich’ il mondo dei Sumeri viene ingoiato nell’abisso di un pantheon alieno, sepolto in qualche ventre cosmico, terrificante, ma assopito.

Lovercraft ci narra nel suo racconto, sempre a proposito degli abitanti di Dunwich: ‘Sono venuti a creare una razza a sé, con ben precise stigmate fisiche e mentali frutto della degenerazione, e dell’accoppiamento fra consanguinei. La loro intelligenza è sventuratamente bassa, mentre la loro storia trabocca di vizi praticati alla luce del sole di assassini e incesti nascosti a metà , e di imprese dalla violenza e perversità quasi immorale…’
Quando lo scrittore svela che le fattezze di questa specie sono quasi rettiliane, e nei suoi racconti questi 4 strani esseri ibridi fra salamandre, coccodrilli e umani, tornano ossessivamente, ci troviamo a vivere in un mondo dominato dalla Bibbia, e in un America che in parte coltiva un puritanesimo protestante in modo quasi morboso. Il Serpente è stato già confinato nel ruolo del Cattivo Messaggero, Legato a un mitema demoniaco che lo vedrà opposto per sempre alla luce divina. Eppure non è ancora morto quel mito, l’uomo – drago sopravvive nel mondo occidentale, sia pure in una luce opposta a quella dell’Eroe Civilizzatore Gilgamesh, venerato dai Sumeri.

I rettili sono cattivi. Ma il modo in cui HPL ha descritto l’intelligenza di quegli esseri mi aiuta ad accostare ancor più questi due topos dell’uomo –rettile. Non esalta certo l’intelletto delle creature che descrive. Ma in V non capita spesso di incontrare ‘geni’. Se fai caso, spesso i tecnici più umili di grado, i soldati semplici, e lo stesso Willy, sembrano quasi un po’ ‘appesantiti’, lenti. I loro ragionamenti sono lineari. La sentinella farà passare MD nel quartier generale in cambio di un topo, come se un soldato della Casa Bianca facesse passare Osama Bin Laden in cambio di un panino… In questa strana scarsità di acume c’è qualche indizio che mi piacerebbe tirar fuori.
E’vero, HPL è duro nel descrivere i suoi alieni. HPL nasconde e cela tutto. Ricordiamoci del suo pseudo-libro: Necronomicon, un inno alla teoria degli alieni assopiti sulla Terra, in attesa di riprendersela appena i tempi saranno maturi. Ma è tutto criptico, svelato racconto per racconto, sino al quadro completo, all’orrore che permea il mondo di Cthulu.

Osserviamo una notazione:
‘Wilbur non fu più visto da allora, senza un abito completo e perfettamente abbottonato…Quando veniva messo in disordine o si verificava una minaccia in tal senso, veniva preso dalla collera e dell’ansia…’

C’è ancora un passaggio che ci piacerebbe leggere assieme:
‘Le storie di Wathley si confusero per un decennio con la noramle vita di una comutà malsana, abituata alle eccentricità e assuefatta alle orge di Calendimaggio e di Ognissanti…’
HPL sembra aver intuito che il mito dell’uomo rettile sarebbe sopravvissuto ancora per ere nella memoria umana…



II

L’ALBERO DEL MONDO E IL SERPENTE DELLA VISIONE

Non c’è un’era narrata tanto remota come l’epoca della Creazione dell’uomo e della donna.
In quest’epoca, dovunque sulla terra, si affacciano gli dei.
Gilgamesh deve arginare l’impeto distruttore di Enkidu, il primo uomo, così Odino sta appeso impiccato a testa in basso per donare ai mortali le Rune…
Ma questa è soprattutto l’era dei semidei, degli uomini-drago.
I Maya narrano di un mito ancestrale, dell’Albero del Mondo il Wacah Chan, che dividendosi in due genera le fauci del Serpente della Visione, creatura o mostro cosmico, che fa da Porta al Xibalba, un specie di Oltremondo, nel quale vivono spiriti e umani e creature di altri dove…
Ancora nell’epoca antidiluviana compare un mostro rettile, che non si fa conoscere nella sua malvagità, ma porta notizie di dei e di mondi alieni.
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Il sovrano Maya era fisicamente l’asse della Terra. Tutto quello che realmente contava era incarnato nella persona del Re. Nel signore assoluto si materializzavano il destino e la forza del mondo. L’Albero della Vita, prima ancora di divenire l’Albero del Bene e del Male, era un asse tangibile, che scorreva nella regalità delle dinastie Maya.

Il Re era speculare all’Albero della Vita, uno stesso mito riflesso. E la comunicazione fra i mondi avveniva nelle trance che lo assalivano in cima alla ‘piramide-montagna’. C’è una somiglianza con un simbolismo che hai Ma la somiglianza si fa più viva se avviciniamo anche un altro elemento: La Pietra è la Montagna, per i Maya, forza matrice degli eventi. L’Albero del Mondo si fa Serpente della Visione, e collima i due mondi umano e spiritico, riportando l’infero nel cielo, e la terra nel mezzo delle dimesioni.