INTRODUZIONE

Lacerta2: La storia della guerra...

lunedì 22 giugno 2009

THETH

PUNTATA 1 LA NOTTE DEI RETTILI

Il piccolo Theth ancora non sapeva leggere. Se solo avesse potuto leggere i giornali in quel periodo si sarebbe di certo rifiutato di crescere. Non è una bella cosa la guerra per un bimbo di appena un anno. Lo è ancor meno se sua madre è morta e suo padre si trova lontano, su qualche pista innevata, a procacciare il cibo. Il papà, un bel rettile alieno di circa trent’anni, appena una cinquantina se calcolati nel tempo del mondo umano, aveva già avuto almeno una dozzina di figli, ma Theth era l’unico concepito e nato sulla terra. Poi con la vecchiaia si sa si diviene più accondiscendenti verso i piccoli, sicché Korah, aveva una specie di legame simbiotico con suo figlio. Korah e Theth appartenevano alla famiglia Aramàn, ma questo era l’ultimo dei pensieri per il padre, terrorizzato ora solo dalla mancanza di prede in grado di sfamare sia lui che suo figlio. Theth poteva accontentarsi anche di piccoli topi, ma l’inverno così rigido delle Montagne Rocciose aveva indotto quei piccoli mammiferi al letargo e scovarli era divenuto molto difficile. Korah invece aveva fame. Tanta fame. Erano mesi che il suo stomaco si contorceva in digiuni troppo prolungati.
Il passo di Sterner era stranamente praticabile, così Korah decise di perlustrare le zone al confine con le linee dell’esercito regolare Terrestre. Zone pericolose un tempo, ma ora la guarnigione di Korah era stata annientata, sua moglie fu uccisa in quella battaglia, mentre lui riuscì a sopravvivere perché in quel momento era al comando del manipolo in retrovia. Non se ne fece mai una ragione. Ma fu lei, Jhilkell a decidere: mai tutti e due nello stesso posto, così almeno non ci ammazzeranno assieme, e Theth potrà sopravvivere. Ma ora lui e Theth erano rimasti soli, anche il suo manipolo fu devastato, alcuni morirono per una strana affezione virale, altri caddero avvelenati dalla Polvere Rossa, altri ancora non si adattarono mai ai continui mutamenti del clima autunnale. Theth nel frattempo, rimasto nella grotta accanto al fuoco e semi sepolto dalla pesante coperta termica, giocherellava con dei pupazzetti che il padre aveva intagliato assieme a Jhilkell. Il bimbo aveva ottima salute, e nonostante il clima impietoso per la sua specie, resisteva bene, e cresceva robusto. Korah ne era orgoglioso, per i Rettili la prole è veramente tutto.
Fu quella notte che Korah giunse al limitare del territorio sino ad allora battuto per la caccia. Oltre vi era una piccola costruzione umana, tipica, con il tetto spiovente, tende alle finestre, e un fienile sul retro. Il Rettile non vi si era mai spinto sino ad ora: la reazione dei Mammiferi che vi abitavano sarebbe stata fatale, e lui non poteva permettersi di morire. Si accucciò, osservando un’ombra che si apprestava a uscire dal fienile. La sagoma imponente era quella di un Uomo maschio, forse sulla cinquantina, con una chioma sciolta che gli lambiva le spalle. Forse chissà un tempo quell’Uomo era stato un combattente nelle schiere che sconfissero i Alieni, un anno fa. Poi dietro all’Uomo altre ombre fecero la loro comparsa, ma stavolta si trattava di piccoli esseri bipedi, starnazzanti, che seguivano i piedi del Maschio per beccare insetti e vermi smossi nella paglia del magazzino. Korah rizzò l’attenzione su quei piccoli esseri: polli! L’Uomo con un bercio cavernoso ricacciò i pennuti nel fienile, chiudendo la massiccia porta di legno. Con i loro pulcini Theth sarebbe andato avanti tutto l’inverno e a Korah sarebbero bastati due o tre di quegli uccelli adulti. No, troppo pericoloso. Sicuramente i mammiferi non avrebbero gradito l’intrusione di un Alieno nella loro fattoria! E chi avrebbe allora aiutato il piccolo Theth qualora una pallottola avesse trapassato il cranio di suo padre? Ma… è tutto lì. L’approvvigionamento di carne assicurato per l’inverno, e il riposo dalle fatiche di troppe battute di caccia… tutto stipato in un magazzino!
Korah si rilassò per qualche minuto sulla neve immacolata. Pensò, valutando il prezzo di una simile avventatezza. I morsi allo stomaco erano lancinanti, e la sua debolezza progressivamente gli impediva di braccare animali grandi abbastanza per sfamare se stesso e suo figlio. Anche pescare nel fiume ghiacciato era diventato difficile: gli Uomini perlustravano spesso la superficie gelata, perché anch’essi vi avevano posizionato le trappole nei fori. E per Korah il trovarsi muso a muso con un cacciatore umano armato di carabina era un pensiero che lo terrificava. Forse il male minore era avventurarsi in quella fattoria e razziare il pollaio. Sicchè il Rettile attese che la notte fosse piena, e l’oscurità totale della montagna coprisse i suoi movimenti. Studiò la presenza di un grosso cane da slitta: era davvero un problema. Se si fosse messo ad abbaiare avrebbe svegliato tutto l’emisfero nord del pianeta… Ma ucciderlo avrebbe di certo scatenato la violenta reazione umana, e Theth non poteva di certo sostenere la fuga attraverso i passi sepolti dalla neve. Un Cane non è un pollo, Korah lo sa benissimo. E’ di quanto più intimo sia alla coscienza umana. Si può mangiare tutto e tutti, ma non i Cani! I Alieni hanno mangiato anche gli Uomini stessi, ma guai ad avvicinarsi ai loro Cani! No, Korah avrebbe dovuto liberarsi del Cane, ma senza ferirlo. Pensò così ad un diversivo per l’animale. E diede inizio al suo piano di caccia.
Si inoltrò lentamente nel territorio umano, quindi quasi strisciò sino al magazzino, dove vi era anche il grosso cane. Con un pezzo di carne lo attirò su di se, quindi con movimenti più rapidi di una scarica di lampi ( Korah è un Rettile…), chiuse la bocca dell’animale con una corda, evitando di ferirlo. Il Malamute si dibatté ma il Sauro era forte e potente, le sue braccia dure come l’acciaio lo stringevano in una morsa soffocante. Combatterono per una manciata di minuti, ma il Rettile ebbe la meglio, fortunatamente il cane era vecchio.
Ora l’accesso al pollaio nel magazzino era libero. Le galline terrorizzate cominciarono a sbattersi ovunque, perdendo penne e piume, Korah cercò di ucciderle nel modo più rapido possibile, vive avrebbero fatto troppo rumore. Poi trovò i pulcini, li prese vivi, depositandoli in un altro sacco. Il bottino era cospicuo, sei polli, e almeno una ventina di piccoli. Bene. Era giunto il momento di scappare. Sembrava filare tutto liscio: l’unico testimone era la Luna, e non avrebbe di certo urlato! Lasciando così a Korah il tempo per fuggire oltre il passo di Sterner.

***




PUNTATA 2: LUCI E TENEBRE

Sembrava appunto. Infatti la calma di quel gelo avvolgente era solo una coreografia suggestiva della natura, due grossi uomini stavano lavorando all’esterno e insospettiti dagli strani rumori nel fienile decisero di dare un’occhiata. Il Rettile si acquattò quasi spiaccicandosi su una trave, raggiunta con un balzo rapidissimo e potente. Gli Umani una volta all’interno si guardarono attorno. Poi si accorsero del cane legato. Quindi mentre l’uno subito lo soccorse, l’altro allungò lo sguardo al pollaio, e urlò:
- Maledizione Walker!
L’amico sollevò la testa dal cane in direzione delle galline e si corrugò.
- Che cavolo… che cavolo è successo?
I due una volta accortosi che il cane stava bene, si recarono dentro il pollaio. I polli superstiti deambulavano atterriti dalla paura, rimasti in pochi, mentre nessun pulcino sbucava da sotto le ali delle chiocce.
- Donnola?
- Walker, da quando le donnole legano i cani da guardia?
- Hai ragione Frank. Allora che diamine è accaduto? Ci hanno rubato le galline, questo è certo…ma chi? Chi può essersi spinto sino quassù con tutta questa neve e di notte per giunta? E solo per rubare dei polli?
- Walker guarda Stan!
Fece uno dei due, indicando il comportamento del Malamute che aveva preso a ringhiare verso le travi sulle quali era nascosto Korah.
Intanto il Rettile con un macigno sul cuore chiese perdono al figlio, tutti e due sarebbero morti, ma il piccolo Theth forse avrebbe patito una tormentosa agonia, questo gli tolse quasi il respiro, oscurandogli la vista su quanto stava accadendo intorno a lui.
Gli uomini illuminarono il fienile, ma non si accorsero subito di Korah. Cercarono di capire che cosa avesse segnalato Stan, e perlustrarono ovunque, prima di alzare gli sguardi verso la volta del soffitto.
Ma la grande lucertola decise di prendere l’iniziativa e scese dal suo nascondiglio, prima che i due lo trovassero.
Gli Uomini si sentirono chiamare alle spalle, il Malamute ringhiò ferocemente ma ebbe timore nell’avanzare verso l’intruso.
- Signori non sparate!… Sono stato io a causare tutti questi danni. Ma non sono armato!
I due Uomini si voltarono di scatto.
- Accidenti un Rettile!
Inveì uno. Invece l’altro, quello già osservato dalla collina, con i capelli lunghi sino alle spalle, rimase calmo. Osservò il Alieno, quindi parlò:
- Fame? Per questo hai ucciso tutti questi animali? Per fame?
- Avevo fame, sì… non so come posso riparare per questo danno.
- Ma non eravate tutti morti da queste parti? Sono mesi che non vedo più una Lucertola in giro!
- Diavolo d’un serpente! – sbottò l’altro Uomo – e non potevi prenderti una sola gallina? Che bisogno c’era di questa strage?
Korah mantenne lo sguardo sull’Uomo, cercando di conservare un minimo di dignità, e chiese loro:
- Io, signori…, vi prego fatemi andare via, o pagherò davvero troppo per un po’ di polli!
- Andare via? Ma sei pazzo? Hai appena assalito Stan, ucciso degli animali, violato una proprietà, cosa vorresti ora, pure un caffè? Accomodati allora!
- Sta calmo Walker! – frenò l’Uomo dai capelli lunghi.
Korah rimase in silenzio.
- Perché devi andare via? E perché dici che ti faremmo pagare troppo? - fece Frank.
Il Rettile non rispose. Disse solo: - Vi prego, signori, chiedo il vostro perdono. Ma non mi fermate, o un innocente pagherà una condanna iniqua.
- Chi sarebbe quest’innocente? Parla perché non voglio farti del male. Ma tu non devi porci ricatti né giochi di parole…
- Io…io non sono solo.
- Maledizione lo sapevo! Ma è così difficile liberarsi di questi dannati rospi?
Eruppe l’altro uomo, Walker.
- Bene. Dicci chi c’è con te, allora.
Korah abbassò lo sguardo, non seppe lì per lì cosa rispondere, poi però sentì scorrere il tempo e la temperatura ormai era troppo bassa, suo figlio aveva bisogno di scaldarsi dormendo sotto il corpo del padre.
- No. Non ci sono altri come me in giro, solo mio figlio. Ha poco meno di un anno. E ora si starà congelando, se non vado da lui morirà di certo.
- No.
Korah ebbe una fitta. A sentire quel diniego quasi morì.
- No, non potrete sopravvivere a quest’inverno. – continuò l’uomo, Frank – E’ troppo dura. Ho sentito le previsioni e pare che questi mesi siano dannatamente i più freddi del secolo. Se dici la verità allora ti aiuteremo. Walker sta zitto!
- Non ho fiatato…
- Appunto evita di farlo ora. Dicevo… se ci hai detto la verità dovremmo aiutarvi. Io mi chiamo Frank Abbot e sono un biologo, la mia specializzazione sono i rettili. Il mio amico invece è Peter Walker, altro biologo. Sei in un centro universitario di Agraria e Allevamento. Qui vive una comunità di ricercatori e agricoltori. Ora però portaci da tuo figlio, non può sopportare questo freddo.
Korah, seppur con un masso che gli comprimeva il respiro, decise che farsi aiutare sarebbe stata la salvezza per lui e il piccolo Theth.
Partirono subito, gli uomini si attrezzarono con zaini e una borsa medica, un localizzatore GPS, e delle coperte per il piccolo Rettile. La notte era di un’oscurità straordinaria, senza luna, nera come un abisso misterioso aperto sul cielo. I tre avanzano, gli uomini faticavano nelle tenebre e nella neve, mentre Korah era più lesto, e si muoveva agilmente al buio. Però gli Uomini erano meno turbati dal violento mutare di tempo che scuoteva le montagne, mentre per il Rettile la fatica di adeguarsi continuamente a condizioni climatiche diverse era davvero soffocante. Dopo quasi due ore di cammino i tre raggiunsero la grotta dove Theth e suo padre avevano trovato riparo. All’interno, fra le rocce non era freddo, l’umidità ristagnava e creava una condensa piuttosto tiepida, un tepore non proprio tropicale, ma almeno non si congelava. Sotto una coperta termica pesante e refrattaria agli sbalzi della temperatura si muoveva qualcosa. Korah nel vedere quella coperta smuoversi quasi si commosse. Il piccolo Theth era davvero robusto e il freddo non lo aveva ancora indebolito. Frank Abbot sorrise: - E’ questo il tuo bambino?- Kora annuì. – Mio Dio è più piccolo di quello che pensassi! – continuò, mentre Theth si lanciò letteralmente su suo padre, avvinghiandosi al suo polpaccio. Kora lo sollevò, le piccole mani ancora palmate si aggrapparono alle spalle del grande Rettile, quasi a non volerlo più mollare per il resto della vita. Frank fece per tastargli la pelle e sentire se ancora era tirata e in salute, ma Kora, istintivamente lo minacciò con un soffio inumano, cavernoso, tetro. Poi si accorse della reazione del tutto fuori luogo, e permise all’Uomo di toccare il figlio. Theth sentendosi sul capo quella strana mano, morbida, calda e diversa cercò di seguirla con gli occhi, quindi di assaggiarla con la lingua forcuta. Frank lo lasciò fare. Theth non si dimostrò ostile nei confronti dei due umani. Frank si guardò attorno, in quella caverna non c’era altro che la coperta e i pupazzetti di legno. Il resto era roccia e oscurità. Si potevano percepire le voci dei due Rettili mentre se ne erano rimasti soli nelle lunghe giornate di tempesta, al buio, un dialogo di sguardi nelle tenebre, giochi, e sbuffi di sauri infantili: un’intimità insondabile, nascosta nelle viscere di un’era perduta sulla Terra, e celata da distanze inimmaginabili. Theth era nato da poco meno di dodici mesi, camminava eretto per pochi metri e poi cadeva con tonfi sonori. Pronunciava qualche parola, e con il padre deve aver passato giorni a ripetere poesie, canzoni, perché nonostante la solitudine, aveva un vocabolario piuttosto vario. Quei due sauri sembravano un essere unico, una sola anima, una simbiosi perfetta di volontà.

***



PUNTATA 3: FINE DEL VIAGGIO

Quando discesero la montagna verso la fattoria, Kora sembrava tremendamente affaticato. Aveva il respiro corto, e le gambe gli sembravano cementate al suolo. Frank si fece avanti offrendosi per portare il piccolo Theth, ma Kora lo fermò. – Ce la faccio, Uomo. Devo solo fermarmi almeno un po’… - disse, sospirando. I quattro si fermarono un istante, Kora pose il figlio a terra, il bimbo voleva correre, ma era notte fonda e il terreno congelato. Il rischio di un’ipotermia era troppo grande. Kora placò lo spirito smanioso del figlio, a dodici mesi i Rettili Siriani sono pieni di energia, e corrono per qualche metro, eretti, si arrampicano dappertutto, combinano guai e sono di una curiosità infinita. Dopo qualche minuto il Rettile sollevò Theth e lo ripose nello zaino che adoperava per trasportarlo, e i quattro ripresero a camminare. Kora mostrava i segni di un periodo trascorso fra la continua ricerca di prede attraverso i passi gelati della montagna, pochissime ore di sonno, e la preoccupazione che suo figlio morisse congelato o di fame… Le mani erano dure come il marmo, ma bruciate dal ghiaccio, segnate dai morsi delle prede, così come sul volto righe di bruciature solari e le cicatrici dovute al freddo, lo rendevano ancora più alieno e selvatico. Le squame a placche sul volto erano coriacee e di un verde scuro screziato di nero, segno della maturità e dell’esperienza del Rettile, e rendevano il suo aspetto antico e terribile. A differenza del viso di Theth, di un verde smeraldo lucente e omogeneo, ancora morbido e liscio al tatto.
Finlamente raggiunsero la fattoria. Frank e Walker aprirono la porta della casa, all’interno dormivano tutti. Chissà che reazione avrebbe avuto quella comunità umana alla vista di quel grosso Rettile maschio…
Ma in quel momento la prima cosa che venne in mente a Kora fu quella di porre il figlio a terra per controllarlo. La marcia notturna avrebbe potuto gravare sulla sua salute. Invece Theth era davvero un bimbo forte e sano, e non mostrava che i normali sintomi di un gran sonno, del tutto legittimo. Frank riuscì a vincere la riottosità di Kora e visitò il piccolo rettile.
Walker ora non provava più disprezzo per Kora, ma era attento a quella che stava facendo il suo collega:
- Tutto a posto il piccoletto? – chiese preoccupato.
- Il cucciolo sì… Ma mi preoccupa il maschio adulto…il padre. – rispose Frank.
- Perché?
- E’ esausto, ha passato mesi senza dormire, correndo appresso agli animali, sotto la neve e la pioggia, completamente solo. L’enorme preoccupazione che suo figlio si ammalasse o morisse… ora credo che il suo organismo sia gravemente compromesso. Respira male e le placche epidermiche facciali sono quasi bruciate per il gelo: forse si è preso qualche batterio. E’ stato esposto troppo tempo alla temperatura minima critica…
- La minima critica? Accidenti Frank, allora è fortunato se cammina ancora!
- Già… coi Rettili non si scherza sulla temperatura corporea. E se per questi sauri scende sotto i dieci gradi sono spacciati! E Kora credo che abbia avuto picchi critici nella minima anche di quindici gradi…
Frank fece cenno a Kora di avvicinarsi. Il Rettile obbedì docilmente. L’uomo gli parlò:
- Hai avuto molto freddo ultimamente vero? Dovresti misurarti la temperatura.
- Ma no…no. Sto bene. – fece, quasi infastidito da quella premura – Mio figlio, piuttosto. Dovrebbe bere, e fare un bagno…
- Non stai bene Kora… Ti prego accetta il mio aiuto. Non è un disonore che un umano aiuti un siriano. Oggi siamo tutti sulla stessa barca.
- Disonore? Ma che dici Frank Abbot… - replicò con voce rauca – L’ultimo brandello di Onore che avessi ancora addosso l’ho buttato via rubando nella tua Casa. Ora non è certo per Onore che mi trovo con mio figlio nelle mani di Uomini…
- Tu, andando contro te stesso, hai salvato la vita a tuo figlio…per me non c’è Onore più grande.
continuò l’Uomo. – Ti prego, dammi retta, misurati la febbre… Theth ha bisogno di suo padre.
- …Dammi il termometro, Uomo. – sospirò faticosamente Kora, con tono dismesso.
Frank passò al Rettile un termometro specifico per l’organismo siriano. Aveva due scale, una chiamata Minima, l’altra Massima. La prima partiva da dieci gradi Celsius e arrivava sino a venticinque. La seconda partiva da trenta e giungeva sino a quarantacinque gradi Celsius. I cinque Gradi di scarto fra l’una e l’altra venivano calcolati solo se la temperatura Minima e Massima coincidevano negli apici. Era un congegno elettronico e percepiva il calore dalla bocca del Rettile. Pochi secondi con la punta del termometro sulla lingua e si poterono leggere le condizioni dell’organismo di Kora:
- Accidenti, amico! – esclamò Frank. – tredici e trentadue! Andiamo male… devi assolutamente riposare!
Kora obbedì all’Uomo. Con il figlio vennero sistemati in una stanzetta piccola, ma non squallida, anche se dava l’idea di essere in prigione. In effetti furono chiusi a chiave dentro, per sicurezza, dissero gli Umani, e Kora non polemizzò. Sistemò il letto di Theth che forse, per la prima volta nella sua vita, provò un materasso, un luogo asciutto e caldo… e chiuso. Il piccolo rettile alzò la testa e bisbigliò, con una voce lamentosa:- Non possiamo cercare le stelle oggi? – Kora lo guardò con tenerezza, poi si corrugò serio, come era il suo solito atteggiamento di capo… e gli rispose: - Ma come facciamo, il cielo è fuori, e noi ora dobbiamo stare qui… fa troppo freddo ti potresti ammalare. –
- Ma lo facciamo sempre …
- No, Theth, non lo possiamo fare oggi, e poi il cielo è nuvoloso non si vedrebbe nulla!
Kora era stremato, le sue ultime forze le stava finendo in quella piccola discussione con Theth. Ma finalmente anche Theth cedette al sonno. Il padre lo pose delicatamente nel letto, coprendolo e cercando di non fargli scivolare le coperte di dosso, fissandole a ogni angolo del materasso. Theth stava bene, in forma, anche se stanco. Ma lui si sentiva addosso un torpore grigio e un oscuro malessere. Le ossa sembravano essergli diventate di cartone, come se si dovessero spezzare a ogni minimo sforzo, e un’orrida sensazione di acqua negli occhi gli annebbiava la vista. Riuscì a stento a lavarsi, e indossare biancheria pulita, quindi cadde quasi come un corpo morto sul letto e si addormentò. Theth intanto si era liberato dalle coperte e aveva raggiunto il letto del padre, non era abituato a dormire lontano da lui. Kora istintivamente lo accolse ma stava già dormendo. I Rettili non avevano mai dormito un giorno solo l’uno staccato dal corpo dell’altro, sicché il piccolo Theth trovò pace solo fra le braccia del padre.
La mattina seguente fu Frank a svegliare i due. Portò loro la colazione, dentro una scatola c’erano topi e criceti, in un’altra topi neonati per Theth. Kora aveva bisogno di mangiare. Erano mesi che non si nutriva a sufficienza, e la quantità di animali portata da Frank lo confortò. Frank era un biologo e un erpetologo esperto. Sapeva come si nutrivano questi rettili, e non provò ribrezzo quando Kora si cacciò in bocca un criceto vivo. Ma decise lo stesso di lasciarlo solo con il figlio. Il pasto di un rettile richiede una certa tranquillità.
Kora mangiò. In seguito Frank lasciò che i due passeggiassero un po’ nel viale, e notò la forza del piccolo Theth, che trotterellava attorno al padre, quando a quell’età i bambini umani a malapena gattonano. Non solo. Theth parlava, non benissimo, mangiava ancora parecchi verbi, ma le sue frasi erano chiare e comprensibili. A un anno un Visitor possiede la maturità di un umano di tre o quattro anni. E Kora aveva cresciuto bene quel piccolo, nonostante le asprezze vissute. A un certo punto notò che il padre si sedette, quasi trascinandosi verso una panchina. Aveva un’aria sofferente, come se si fosse avventurato nella maratona di New York, e l’avesse corsa tutta. Ora non se la sentì di rimanere ancora in disparte e uscì sul viale. Raggiunse i rettili sulla panchina: - tutto a posto, Kora? – il rettile adulto lo fissò e lo ringraziò. Gli rispose: - No...no tutto a posto, solo…solo, AH! Per Shoon! Che dolore! – scattò contraendo la mano.
Frank notò lo spasmo incontrollato della mano, si chiuse a pugno in una morsa convulsa e feroce. La sfiorò, era gelida come una pietra tombale. Kora ansimava. Theth che era distratto dalle fontanelle della fattoria, si voltò verso il padre e corse verso di lui. – No, Frank, ti prego… non gli dire nulla…non voglio che veda questo…- Frank obbedì. Sapeva bene cosa stava accadendo a Kora, e ne provò orrore e tanta pena. Una volta passata la soglia critica della temperatura corporea, le funzioni neurologiche e circolatorie si compromettono gravemente. Una delle prime funzioni a danneggiarsi è fisiologica: l’organismo di Kora, esposto per un periodo a una temperatura corporea al di sotto dei dieci gradi, ora pareva privato della capacità di costruirsi la vitamina 45\12, che negli alieni è fondamentale per la produzione di neuro-mielina, una guaina che ricopre i nervi, tipica dei Rettili Siriani. Di conseguenza ora i suoi muscoli si contraevano in spasmi involontari. Spesso questa forma di degenerazione fisiologica porta il rettile alla morte. La vitamina 45 inoltre ha un ruolo nella percezione del dolore. Probabilmente adesso Kora avrebbe potuto sentirsi assalito da dolori inesistenti, senza causa esterna, perché la vitamina compromessa aveva invaso anche il cervello. Frank pensò che quel Rettile non avrebbe avuto scampo. Gli augurò in cuor suo che non soffrisse troppo. Ma fu un augurio utopistico. Kora sentiva fitte continue ai muscoli delle braccia e alle mani. Tanto che gli veniva difficile anche carezzare Theth.
Il giorno appresso Theth e Kora passeggiavano sul prato. Theth corse verso Frank, ormai lo conosceva, anche se ne era ancora un po’ diffidente, ma incoraggiato dal padre propose all’uomo uno straccetto legato ad una cordina e a sua volta legata ad una palla. Frank sorrise e cominciò ad agitare quella stoffa sul terreno, Theth si rizzò attento, quindi l’Uomo lanciò la palla e il piccolo rettile la inseguì.
- Lo sta istruendo alla caccia…- sospirò fra se. – Cerca di tirargli fuori il suo istinto predatorio. E devo essere sincero che questo piccoletto ne ha da vendere! – quindi si avvicinò a Kora, e questi: - Frank… posso dirti una cosa? –
- Sì certo…-
- Theth crescerà senza di me. -
- No, non dirlo…
- Lo dico invece. Non credo nei miracoli. Fra un paio di giorni non potrò neppure più camminare. Però promettimi una cosa. Promettimi di volere bene a Theth… di non pensare che sia il figlio di uno che ha comandato in un esercito in guerra contro il tuo mondo. Di non vedere me in lui, ti prego, promettimelo.
- Tu farnetichi, Kora! Tu sei lui e lui è te. Il tuo sangue scorre nel piccolo Theth. Ed è il sangue di chi ha creduto nella sua gente, e servito fedelmente il suo popolo. A me non importa che tu sia stato mio nemico sul campo. Theth non è mio nemico. Ma è tuo figlio, e deve ricordarsi di te e del tuo mondo. Io lo amerò te lo prometto. Lo proteggerò dal male delle vendette umane, non temere. Ma ora non parlare come se tutto fosse ineluttabile…
- Perché cosa credi che mi accada adesso?
- Adesso devi stare con Theth. Poi vedremo, d’accordo?
- Sì…vedremo, d’accordo.
Intanto Theth era tornato da Frank con la palla. il suo volto era di un verde vivo, smeraldo, dalle squame lucenti, e ancora morbide. Portando la palla, Frank notò le mani con le dita palmate, segno infantile. Infatti quelle strane mani da coccodrillo spariscono attorno ai sei anni, con la prima muta di pelle.
Kora guardò Theth con una dolcezza che era incredibile per quegli occhi rossi e gialli, dalle pupille verticali, freddi quanto immobili. Ma Frank si accorse che i due rettili si stavano parlando di sentimenti, Kora con il suo sguardo raccontava a Theth di un Amore sviscerato, senza confini, immenso come lo Spazio che egli attraversò anni addietro. Era la prima volta che l’Uomo si accorse che quegli esseri erano capaci di avere un’anima e di provare sensazioni simili alle sue. Spesso, combattendoli, aveva elaborato un’idea diversa, contraria. Ma questo ora non importava più Kora si rivolse a Frank:
- Uomo… - disse con un profondo sospiro – Combatto da quando avevo otto anni, a dodici ho preso a far figli, fra un po’ sarei dovuto andarmene in ritiro, e sono stanco… Sì, sono stanco. Questa guerra non ce la faccio a combatterla. Gli ultimi sforzi li ho compiuti per mio figlio, e ora non mi sono rimaste che pallide energie di vecchio comandante. Theth è l’ultimo della mia linea di sangue, e forse l’unico con un destino icerto, ma diverso… Forse non combatterà, se deciderete di tenerlo con voi, ma qualora abbiate per lui scelte diverse, per favore, portatelo prima dei sei anni in una Caserma aliena. Altrimenti tutto per lui sarà difficile…
Kora era visibilmente esausto. Forse davvero non gli rimanevano che poche ore. Il volto era opaco, come la pelle delle sue dure mani, ma gli occhi ancora riflettevano la sua luce interiore, la profondità abissale di pensieri inaccessibili a Frank e alla specie umana. Fra poco l’Uomo avrebbe dovuto trovare il modo di dire a Theth che suo padre non sarebbe più stato con lui fisicamente…ma che lo avrebbe accompagnato per sempre nella sua anima. Avrebbe dovuto spiegare a un piccolo alieno di un anno circa cosa fosse la Morte. Forse il Piccolo Theth non avrebbe capito, si sarebbe sentito abbandonato da suo padre. Forse, forse, forse… quante incertezze, quante teorie. E gli era assolutamente impossibile vedere Theth come un alieno in quel momento, dopo quello scambio di sguardi con il padre, così vivi, colmi di emozioni tanto segrete, come le emozioni che legano ogni bambino ai suoi genitori. Kora e Theth si sarebbero fusi ora in un unico spirito… e Frank avrebbe dovuto cercare di non far deludere il piccolo rettile sul conto di suo padre, che lo protesse nelle tempeste di neve, dall’oscurità, dalla fame, a costo della sua vita e di se stesso.

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LA TRIBU'

Secondo fonti sirianidi, l'organizzazione sociale nella protostoria dei Lacerta, vedeva una compagine simile a quanto si descrive nell'articolo che segue.

E’ la base dell’organizzazione sociale. Questo genere di struttura era preesistente all’avvento del potere di Araman, sia pure con modi, governi e persone molto differenti, la Tribù regolava sia la vita della casata di Shuoon, sia quella della casata di Araman.
Anticamente le Tribù seguivano una sorta di classificazione in base ai loro capi. Vi erano Tribù Sciamaniche, Tribù Guerriere, Tribù Venatorie, Tribù Agricole.
Queste ultime erano tipicamente associate a Shuoon, essendone il nucleo familiare primigenio. Non sussistevano difatti simili famiglie all’interno della Casa di Araman.

Le Tribù Agricole servivano la causa di sfamare il fabbisogno mondiale di cereali e vegetali, in mancanza della carne disponibile per tutti.
Successivamente con la presa del potere totale del Sovrano Intertribale, tali famiglie vennero relegate ai bassi ranghi della piramide politica e tanto che nelle Unioni Tribali i loro capi non hanno potere decisionale.

Il loro è quindi ad oggi un sistema tribale a Stato Passivo. I nobili non hanno cariche pubbliche né rivestono alcuna autorità religiosa. E i magazzini sono gestiti da elementi esterni alle famiglie.
Oggi il sistema della Tribù è rigidamente schematizzato, e non è suscettibile di ammodernamenti. Una Tribù è costituita da almeno venti Famiglie o Gente: I Potentati. Una Famiglia è a sua volta formata da un numero non determinabile di Clan. Se i Clan sono molto numerosi, almeno più di un centinaio, la Famiglia si chiama Gente.

LA NOBILTA' TRIBALE RETTILIANA

LA NOBILTA’ TRIBALE RETTILIANA secondo la classificazione dell'Era del Disarmo: le fonti sulla struttura sociale dei Lacerta note, provengono quasi esclusivamente dalla sezione archivistica Sirianide. Non è quindi certo come vensse intesa la vita sociale nei Lacerta prima dell'avvento Sirianide nel suo mondo.

Come si suddividono le gerarchie e i ruoli all’interno della società tribale rettiliana? Abbiamo potuto osservare la compagine generale della società di Lacerta L., ma adesso ci addentriamo nei ruoli veri e propri e nella nobiltà diretta ( sangue) e indiretta ( merito) delle cariche al vertice di una Tribù.

Prendiamo per ora le Tribù Reali.

A capo della Tribù Reale vi è un Patriarca \ Rettore, che possiede un titolo diretto ( di sangue) e quindi può essere un Patriarca di Granducato o di Priorato.
Le massime cariche di cui può essere investito un Patriarca sono infatti il titoli di GRANDUCA o di PRIORE.
Il Granduca proviene dalla casta guerriera, come il Duca, si dice infatti che siano nobili ‘Capi d’Arme’, ovvero la loro regalità discende direttamente dalla Casa Reale, nella guerra primigenia contro i Potechi.
Il Priore è al di sopra del Granduca come pregio di titolo, si avvale del titolo un po’ desueto, di Priorduca.
Il Ducato Reale è la terra occupata dalla Tribù di un Granduca o di un Priore. E’ il massimo appellativo per indicare il grado al vertice della gerarchia familiare delle Lacerta L., oltre il Ducato Reale, vi è la Casa Reale, ovvero il Regno.

Il Granduca può gestire un Granducato e un Priore un Priorato, si sale al Ducato reale, quando subentra un evento tale da far sì che il Re crei dal precedente lignaggio il grado ulteriore. Sono rarissimi i casi di creazione di Ducati Reali, attualmente abbiamo due soli Ducati Reali esistenti.

In una Tribù invece si hanno le cariche appena al di sotto del Granduca, in ordine di importanza elenchiamo le classi:

Duca
Conte
Proconsole
Libero \ Console.

Il Duca abbiamo detto è un Patriarca proveniente direttamente dalla casta guerriera. In pratica è un parente del Re, se osserviamo la sua genealogia, anche alla lontana troviamo origini comuni al sovrano.

Il Conte invece è un Patriarca della casta dei filosofi, non guerriera, probabilmente proveniente dalle Famiglie dei Filosofi Shuoniani dei deserti, il quale per merito si è conquistato la fiducia del Re. Un Conte e il suo Contado quindi spesso sono abitati da rettili non Amriani, non discendenti quindi direttamente dalla Casa Reale. I quali, però, hanno giurato lealtà al Sire. Duchi e Conti non sempre hanno stanno in un rapporto di rispettiva superiorità e inferiorità.
Ci sono casi in cui un Patriarca Conte sostenendo economicamente gli sforzi militari del Re, alla vittoria del Sovrano, riceva da questi il premio di essere Conte-Primo, ovvero è concesso, sia pure non per sangue, al Patriarca di porsi su piano superiore di Regalità ( ma non di Genealogia). Se il tempo passa, e all’interno della sua Tribù si intrecciano matrimoni mirati, il Contado può prendere la Regalità Ducale ( sempre per via materna) e passare al grado di Ducato. Il Conte diviene Duca anzi Arciduca, perché si suppone che provenga dal titolo di Conte-Primo.

E’ normale che un Arciduca sia sovente un Guerriero ‘acquisito’ alla casta, perché proviene dalla cessione di regalità del matrimonio.

Il Proconsole è un Patriarca proveniente dalla casta Guerriera come da quella Filosofica. Per meriti o per sangue domina una Tribù.

Il Libero è una figura inconcepibile per gli esseri umani. Infatti egli era dapprima solo un Suddito, Servitore di sua Maestà come ufficiale militare che ha ottenuto grandi successi, e quindi si è ‘liberato’ della sua condizione ‘borghese’ o addirittura della sua inferiorità plebea, ed è entrato a tutti gli effetti nella Genealogia Reale ( dapprima, come tutti i siriani, era nella Genealogia Tribale). Però non può sperare di essere inserito nei Matrimoni Reali e quindi di contribuire al sangue della Casa Reale.
Un Console è un rampollo della casta guerriera. Spesso ha ottenuto invidiabili successi militari, ha studiato come Ufficiale e ha fatto una lampante carriera. La sua linea di sangue è già nella Genealogia Reale, sin da quando è nata, appartenendo di fatto alla casta dominante, ma ancora non può effettuare Matrimoni Reali.



Introduzione alla Cronache delle Missioni

Introduzione a
“Le Cronache”



I
ritmi della gente a bordo di un’Astronave immersa nella spazio remoto, seguono un tempo diverso dal resto delle anime che affollano l’Universo conosciuto.
L’Astronave con la sua maestosa imponenza è un mondo in se, chiuso all’esterno freddo e pericoloso del cosmo.
All’interno della sua Carlinga bianco argentata vivono e nascono e muoiono persone che per tutta la loro esistenza navigano zone e spazi senza confini.
Non è facile andare a indagare la coscienza di questi esseri, il loro carattere ci sfugge il più delle volte, e la loro insita violenza nell’affrontare l’unica natura a loro conosciuta, quella siderale, ci fa riflettere sulla possibilità di essere loro amici.
I ritmi che scandiscono la vita di esseri all’interno di un’Astronave sono custoditi nei loro stessi racconti.
Sono i Racconti, chiamati Le Cronache, l’essenza di questo strano popolo di Rettili, viventi in una specie di corte chiusa, in un eterno inverno, chiusi dalle imponenti lamiere, protetti dall’esterno oscuro e gelido.
E il tempo scorre in questi racconti. Spesso animati da una tecnologia olografica di una limpidezza incredibile, spesso vissuti da chi li narra e li ascolta come in un Gioco di Ruolo. Non sappiamo molto su come si trasmettono le Cronache, forse appunto, vivendole in una realtà alternativa, virtuale, oppure in un gioco della Memoria collettiva di questo popolo.
Non sappiamo molto, ma quanto conosciamo sono queste pagine che fra non molto leggerete. Vi prego, pensate a coloro che l’hanno scritte, i sacrifici di un’esistenza così fredda, remota, impenetrabile…


LA ROSA DEI VENTI [i mondi paralleli di Staighài]

LA ROSA DEI VENTI [i mondi paralleli di Staighài]
racconto online grautito a puntate: vedi qui l'evolversi dell'avventura

Iside....

Verdi, Giuseppe - Gloria all'Egitto
Found at skreemr.com

Poema

DE BELLO HOC NOSTRO
Libro I

I Fantasmi di Aiarha

Nascosta nei libri della storia
La primavera avanzava
Il mondo guardava sull’orlo
Della fine il deserto
Che scompariva mentre
Molti salutavano all’ultimo giorno
Le stanche file disserrate che scomposte
Risalivano le montagne.

continua qui
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7919522&a=2#last

Uomo Rettile


il mito dell’Uomo Rettile .
L’UOMO-RETTILE
NELL’ORRORE DEL MILLENNIO


Caro Amico Umano e Non,


‘Quando un viaggiatore, nel Massachuttes del centro nord, prende la strada sbagliata al bivio del Picco di Aylesbury, subito dopo Dean’sCorner, entra in un territorio solitatio e curioso’…

Siamo sulla Terra, e in il nostro narratore e un uomo dallo sguardo spento e dall’umore torbido come le acque di una palude, si chiama HP Lovercraft, e racconta questa storia nel 1928.
Ricordate la crescita straordinaria di Elisabeth in V-visitors?
Ci sono tracce di una simile evoluzione proprio in questo racconto: - ‘…La crescita di Wilbur era davvero fenomenale perché nel girodi tre mesi, aveva raggiunto una taglia che di solito non si trovavano nei bambini della sua età..’

Ora, l’Orrore di Dunwich narra di un paese scivolato fra i gorghi di un’oscura maledizione, i suoi onesti cittadini erano dediti ad un culto maledetto. E potenze sinistre, sconosciute, provenienti da un tempo e uno spazio celato nell’inferno, giorno dopo giorno si mescolarono agli abitanti, incrociandosi in oscene e deformi creature. Creature che vennero subito elevate a semidei.
Perché iniziare con un simile racconto?

Vi è uno dei miti più antichi dell’umanità: l’uomo – rettile. l’uomo – drago è un mito antico, che sorge alle origini della storia umana.
Non è un caso che HP Lovercraft prese come ispirazione il mondo mitico dei Sumeri, e non è un caso che prenderemo a osservare certi spunti nei suoi racconti. Nell’ ‘Orrore di Dunwich’ il mondo dei Sumeri viene ingoiato nell’abisso di un pantheon alieno, sepolto in qualche ventre cosmico, terrificante, ma assopito.

Lovercraft ci narra nel suo racconto, sempre a proposito degli abitanti di Dunwich: ‘Sono venuti a creare una razza a sé, con ben precise stigmate fisiche e mentali frutto della degenerazione, e dell’accoppiamento fra consanguinei. La loro intelligenza è sventuratamente bassa, mentre la loro storia trabocca di vizi praticati alla luce del sole di assassini e incesti nascosti a metà , e di imprese dalla violenza e perversità quasi immorale…’
Quando lo scrittore svela che le fattezze di questa specie sono quasi rettiliane, e nei suoi racconti questi 4 strani esseri ibridi fra salamandre, coccodrilli e umani, tornano ossessivamente, ci troviamo a vivere in un mondo dominato dalla Bibbia, e in un America che in parte coltiva un puritanesimo protestante in modo quasi morboso. Il Serpente è stato già confinato nel ruolo del Cattivo Messaggero, Legato a un mitema demoniaco che lo vedrà opposto per sempre alla luce divina. Eppure non è ancora morto quel mito, l’uomo – drago sopravvive nel mondo occidentale, sia pure in una luce opposta a quella dell’Eroe Civilizzatore Gilgamesh, venerato dai Sumeri.

I rettili sono cattivi. Ma il modo in cui HPL ha descritto l’intelligenza di quegli esseri mi aiuta ad accostare ancor più questi due topos dell’uomo –rettile. Non esalta certo l’intelletto delle creature che descrive. Ma in V non capita spesso di incontrare ‘geni’. Se fai caso, spesso i tecnici più umili di grado, i soldati semplici, e lo stesso Willy, sembrano quasi un po’ ‘appesantiti’, lenti. I loro ragionamenti sono lineari. La sentinella farà passare MD nel quartier generale in cambio di un topo, come se un soldato della Casa Bianca facesse passare Osama Bin Laden in cambio di un panino… In questa strana scarsità di acume c’è qualche indizio che mi piacerebbe tirar fuori.
E’vero, HPL è duro nel descrivere i suoi alieni. HPL nasconde e cela tutto. Ricordiamoci del suo pseudo-libro: Necronomicon, un inno alla teoria degli alieni assopiti sulla Terra, in attesa di riprendersela appena i tempi saranno maturi. Ma è tutto criptico, svelato racconto per racconto, sino al quadro completo, all’orrore che permea il mondo di Cthulu.

Osserviamo una notazione:
‘Wilbur non fu più visto da allora, senza un abito completo e perfettamente abbottonato…Quando veniva messo in disordine o si verificava una minaccia in tal senso, veniva preso dalla collera e dell’ansia…’

C’è ancora un passaggio che ci piacerebbe leggere assieme:
‘Le storie di Wathley si confusero per un decennio con la noramle vita di una comutà malsana, abituata alle eccentricità e assuefatta alle orge di Calendimaggio e di Ognissanti…’
HPL sembra aver intuito che il mito dell’uomo rettile sarebbe sopravvissuto ancora per ere nella memoria umana…



II

L’ALBERO DEL MONDO E IL SERPENTE DELLA VISIONE

Non c’è un’era narrata tanto remota come l’epoca della Creazione dell’uomo e della donna.
In quest’epoca, dovunque sulla terra, si affacciano gli dei.
Gilgamesh deve arginare l’impeto distruttore di Enkidu, il primo uomo, così Odino sta appeso impiccato a testa in basso per donare ai mortali le Rune…
Ma questa è soprattutto l’era dei semidei, degli uomini-drago.
I Maya narrano di un mito ancestrale, dell’Albero del Mondo il Wacah Chan, che dividendosi in due genera le fauci del Serpente della Visione, creatura o mostro cosmico, che fa da Porta al Xibalba, un specie di Oltremondo, nel quale vivono spiriti e umani e creature di altri dove…
Ancora nell’epoca antidiluviana compare un mostro rettile, che non si fa conoscere nella sua malvagità, ma porta notizie di dei e di mondi alieni.
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Il sovrano Maya era fisicamente l’asse della Terra. Tutto quello che realmente contava era incarnato nella persona del Re. Nel signore assoluto si materializzavano il destino e la forza del mondo. L’Albero della Vita, prima ancora di divenire l’Albero del Bene e del Male, era un asse tangibile, che scorreva nella regalità delle dinastie Maya.

Il Re era speculare all’Albero della Vita, uno stesso mito riflesso. E la comunicazione fra i mondi avveniva nelle trance che lo assalivano in cima alla ‘piramide-montagna’. C’è una somiglianza con un simbolismo che hai Ma la somiglianza si fa più viva se avviciniamo anche un altro elemento: La Pietra è la Montagna, per i Maya, forza matrice degli eventi. L’Albero del Mondo si fa Serpente della Visione, e collima i due mondi umano e spiritico, riportando l’infero nel cielo, e la terra nel mezzo delle dimesioni.